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Perché dalla casa uscivano altre persone in uniforme portando via le nostre uova e le nostre galline?
Anche la farina e il latte era roba nostra.
Ero impietrita.
Fino a quando uno di loro venne verso di me urlando: “Ehi, bambina, vieni qui!”
«Ti occupasti anche delle donne spartane. Essendo i mariti sempre lontani per le frequenti spedizioni militari erano praticamente le “padrone” di Sparta. Potevano fare, come gli uomini, corse, lotte, lanci del peso. Potevano andare nude alle processioni. Danzare. E cantare»
«A sette anni venivano tolti alla famiglia per essere inseriti in compagnie di tipo militare.
Vita comune, disciplina severissima, mangiare quanto basta per restare in vita.
Carne pochissima.
Com’era quella storia che erano autorizzati a rubare?»
Ho dovuto però sopportare il sospetto.
Una volta arrivata a casa, intendo.
Quello di essermi data ai tedeschi.
E’ successo a molte di noi.
Il corpo della donna contaminato.
L’ennesima umiliazione.
Anche per questo, sono tornata per raccontare.
Quel Cosimo di Firenze, figlio di Giovanni dalle Bande Nere, aveva insistito da giorni con il comandante delle truppe imperiali, Don Garcia di Toledo.
Doveva assolutamente darci una bella lezione.
Accanto a Don Garcia l’uomo d’arme più grande del momento, Alessandro Vetelli.
E alle 12 in punto...
«Fuoco! Fate fuoco!».
Come andò a finire?
Fu una vittoria su tutta la linea.
Catturammo lo stendardo rosso, obiettivo della battaglia, in poche ore.
A scuola avevamo sempre una lezione sulle antiche tecniche di assedio.
E dopo averlo fatto provare ai senatori dal Campanile di San Marco ne feci loro dono.
Potevano vedere le navi nemiche due ore prima che con la sola vista.
Per questo mi offrirono un impiego a vita all’Università di Padova. Soldi, sempre pochi però.
Intendi l’occhiale da canna? Altra mia invenzione.
Con quello ho scoperto gli anelli di Saturno, la natura delle nebulose, la montuosità della Luna, le macchie solari.
E soprattutto i satelliti di Giove, che chiamai “pianeti medicei” in onore dei Signori di Toscana».
Avevo perso mio fratello per il vaiolo e io avevo ancora i segni in volto di quella terribile malattia.
Con l'aiuto del chirurgo dell'ambasciata feci praticare l’inoculazione su mio figlio Edward di quasi 5 anni. Tornata in patria convinsi amici e parenti a fare la stessa cosa
Ora sapete perché sono qui oggi, al suo funerale.
Per dare il giusto merito a un medico che ha salvato l’umanità da quel terribile flagello che è il vaiolo. Giusto che voi lo ricordiate ancora oggi.
Ma un pensiero anche piccolo per me?